Le Tombe della Via Latina
. Il Parco Archeologico della via Latina si trova a pochi passi da Via Appia Nuova all’altezza di Via dell’Almone, ma l’ingresso è in Via dell’Arco di Travertino, 151, a 200 metri circa dalla stazione della Metropolitana “Arco di Travertino“.
Il Parco è pubblico e l’ingresso è libero dalle ore 9:00 alle 16:30 tutti i giorni escluso il Lunedì.
Conviene telefonare (per la conferma dell’apertura) in quanto negli ultimi tempi, per mancanza di personale, fanno delle aperture a giorni alterni.
Nel parco ci sono molte panchine per sedersi in una atmosfera tranquilla e fontanelle di acqua potabile.
Alcune tombe sono visitabili solo in alcuni giorni e con visita guidata.
All’esterno si trova un piccolo parcheggio per chi volesse recarsi in auto.
Il Parco archeologico della via Latina è inserito nel Parco Regionale dell’Appia Antica e si trova a poche decine di metri dal grande Parco della Caffarella.
Entrando nel Parco abbiamo subito l’impressione di ritrovare l’aspetto che doveva avere la zona al tempo dei Romani con ancora in parte il basolato originale della strada con i bordi laterali in pietra (crepidini) e i marciapiedi in terra battuta immersi in un panorama di campagna. Notiamo a questo proposito che ogni pochi metri una pietra del bordo è più alta delle altre, probabilmente per aiutare il viandante a scendere o salire a cavallo.
Ci troviamo al terzo miglio della antica Via Latina, ben al di fuori delle mura serviane e dal centro della città antica. La Via Latina cominciava dalla Porta Capena poco oltre il Circo Massimo, insieme alla Via Appia dalla quale dopo un po’ si divaricava (al Piazzale Numa Pompilio, piegava a sinistra rispetto alla Via Appia, sull’ odierno tracciato chiamato Via di Porta Latina) per continuare (quasi in parallelo) fino a Capua passando per la Valle del Sacco e del Liri.
La Via Latina è una via antichissima, preesistente ai Romani che poneva in comunicazione il Lazio con le regioni del meridione dell’Italia.
In questa zona passava anche la marrana (o Aqua Mariana) che proveniva dai Colli Albani, passava nel vicino Parco degli Acquedotti e proseguendo, arrivava fino alla Porta Asinaria (S.Giovanni) e la Porta Metronia, e , scorrendo nella Valle Murcia entrava nel Circo Massimo per poi confluire nel Tevere, alimentando durante il percorso numerosi mulini.
La Via Latina, come anche le altri consolari, nel percorso extraurbano era contornata da tombe di vario tipo e altre costruzioni edificate ai bordi, stante il divieto di seppellire i defunti all’interno delle mura cittadine (antica legge detta delle “dodici tavole“), con l’unica eccezione per personaggi molto importanti della vita pubblica. Le tombe monumentali, introdotte a partire dal II sec. a.C sull’uso del mondo ellenistico, venivano erette per ricordare ai viandanti la vita e le opere del defunto. Solitamente questi sepolcri erano a tre piani con il piano inferiore (seminterrato o con camera ipogea) destinato all’area di sepoltura vera e propria. L’ingresso alla tomba si trovava solitamente sul lato posteriore rispetto alla strada.
Tra i sepolcri della via Latina non troviamo traccia di triclini e mense come invece abbiamo trovato nella Necropoli di Porto per celebrare il banchetto che si teneva dopo nove giorni di lutto strettissimo (coena novemdialis). Magari si usavano degli arredi mobili in legno per l’occasione.
Inoltre ogni anno, il 13 del mese di febbraio (fino al 21 compreso), i Romani erano usi a celebrare i defunti con 9 giorni di “parentalia” seguiti da un banchetto in compagnia dei propri defunti (in immagine).
Le tombe di Via Latina erano sicuramente destinate a persone di alto ceto a differenza di quelle che abbiamo visto alla Necropoli di Isola Sacra o di Porto, in massima parte commercianti , artigiani e liberti.
Gli scavi archeologici nell‘area , all’epoca di proprietà della Famiglia Barberini, furono condotti da un insegnante appassionato di archeologia chiamato Lorenzo Fortunati negli anni tra il 1857-1858 che poi stese una Relazione generale degli scavi nel 1859.
La prima tomba che troviamo
dopo l’ingresso alla nostra destra è del tipo a pilastro originariamente decorato da marmi che incorpora sulla facciata un’iscrizione che ricorda gli scavi del Fortunati.
Sulla sinistra della via c’è una tomba ritenuta dal Fortunati un colombario, che era un tipo di tomba a loculi dove venivano conservate le ceneri dei defunti.
Sepolcro Barberini
Proseguendo sulla destra troviamo una grande costruzione a due piani in elevato, detto Sepolcro Barberini o dei Corneli.
La tomba attualmente non visitabile a causa di lavori di sistemazione in corso, è costituita da due piani in elevato e una camera sotterranea a cui si accedeva da una scala esterna. All’esterno tre aperture ora murate, una delle quali conteneva un’epigrafe (non più esistente) con i nomi dei defunti che da un dipinto del ‘500 riportante un frammento
dell’iscrizione, sappiamo essere di un Q. Cornelius. L’ingresso, come per altre tombe del genere, si trova nella parte posteriore della costruzione. Nella camera ipogea, durante gli scavi di sistemazione sono stati rinvenute le salme di 40 individui sovrapposti uno sopra l’altro come in una rastrelliera.
In questo ambiente fu rinvenuto il sarcofago c.d. Barberini con raffigurate scene del mito di Protesilao e Laodomia, ora conservato al Vaticano.
Il pavimento tra il primo e secondo piano, in legno , non si è conservato ma esistono le tracce dei supporti della scala che portava al piano superiore, adibito ai riti funebri. Il soffitto del piano superiore è affrescato a intonaco con stucchi decorativi con figure varie.
Continuando il percorso, troviamo a sinistra il Sepolcro Fortunati 25 ( tutti i sepolcri rinvenuti erano stati numerati sulla mappa della Relazione) con camera sotterranea con pareti decorate (non visitabile).
Segue, sempre sul lato sinistro il Sepolcro n.29, con i resti di un edificio con due camere sotterranee contenenti numerosi defunti. Il Sepolcro sovrastava un altra costruzione funebre più antica (I° sec d.C.) con altre sepolture rinvenute in occasione di scavi effettuati nel 1982-1983.
Troviamo anche sepolcri a laterizi dal I° sec. dopo Cristo.
Sempre a sinistra i resti di un ampio edificio a pianta circolare
oggetto recentemente di ulteriore scavi
introspettivi.
Sepolcro dei Pancrazi
Subito dopo troviamo il Sepolcro dei Pancrazi dal nome di una associazione funeratizia che si
premurava di fornire un’adeguata sepoltura ai soci che si pagavano la tomba mentre erano in vita.
In alcuni casi le persone compravano dei loculi oltre che per se anche per altri parenti o, a scopo speculativo, per rivenderli successivamente a terzi.
Il nome lo ricaviamo dalle iscrizioni trovate all’interno della prima grande sala.
La sala è corredata da un mosaico con scene marine ( molto simile a quello delle Terme della Villa di Plinio) e, nella parte sinistra le scale per scendere al piano inferiore e anticamente anche al piano superiore.
Si scende e troviamo una prima camera sotterranea con la volta a botte e, in basso un basamento in mattoni con archi e decorazioni all’interno.
In fondo un sarcofago con l’immagine dei due coniugi defunti, con un’iscrizione che riporta al Collegio dei Pancrazi. Al lato sinistro del sarcofago, c’è una parte di marmo mancante, una distruzione fatta maldestramente da tombaroli per poter visionare l’interno.
Il pavimento, a mosaico, degrada verso un pozzo coperto da una grata.
La seconda camera ipogea, in comunicazione con la prima tramite una porta, molto più grande, contiene un
enorme sarcofago in marmo a due posti.
Il sarcofago è talmente grande che non poteva passare dalla porta della camera e dalle scale per cui sicuramente i muri sono stati eretti
successivamente intorno ad esso. La volta è a crociera decorata con affreschi e stucchi con scene mitologiche, paesaggi e varie specie di uccelli.
Intorno al sepolcro dei Pancrazi, ci sono le tracce di un muro di cinta che proteggeva l’ingresso che originariamente doveva trovarsi posteriormente.
Sul retro del sepolcro ci sono anche i resti di un complesso termale appartenenti ad una grande villa suburbana.
Proseguendo lungo la via, sempre sul lato sinistro troviamo il Sepolcro Calpurni composto da un’unica stanza sotterranea cui si accede con una scala.
Nella stanza si conservano tracce di rivestimenti in intonaco e stucchi con arcosoli nelle pareti per i sarcofagi. Esistevano anche i piani sopra terra ma non sono rimaste tracce. Il Sepolcro non è attualmente visitabile.
Nella parte sinistra del parco, alle spalle del Sepolcro Pancrazi ci sono gli ampi resti di una lussuosa villa suburbana risalente probabilmente al I°- II° Secolo d.C., abitata nel tempo da vari proprietari di alto lignaggio e, durante il regno di Commodo , il proprietario della villa all’epoca, Servilio Silano fu accusato di tradimento e messo a morte e la proprietà passò al Demanio pubblico.
La stessa cosa era successa anche con la vicina Villa dei Quintili, sull’Appia Antica.
Questo era un sistema usato frequentemente quando un Imperatore voleva disfarsi di un vero o presunto nemico e accaparrarne i beni, magari per pura invidia.
In seguito, nel IV Secolo, fu acquistata dagli Anicii la cui discendente di nome Demetriade fece costruire nel V° secolo la Basilica di S. Stefano Protomartire di cui rimangono i resti della pianta a tre navate, meta di pellegrinaggi fino al XIII° secolo, quando la Via Latina perse di importanza a favore della vicina Via Tuscolana.
Attualmente una gran parte dei resti della villa non sono visibili perché sono stati reinterrati dopo lo scavo a scopo protettivo.
Un muro di cinta (moderno) circonda l’area della chiesa di S.Stefano Protomartire, che non è pertanto visitabile.
Dal cancello si intravedono gli scavi e numerosi reperti di marmo accatastati in recipienti in attesa (probabilmente) di essere esaminati e catalogati.
Tornando indietro scorgiamo sulla parte destra il Sepolcro Baccelli (da Guido Baccelli, medico e uomo politico dei primi del ‘900, che si interessò a questi scavi), che purtroppo crollò nel 1959
e di cui rimane in piedi solo la facciata ma di cui fortunatamente esistono delle fotografie dell’epoca che ci aiutano a renderci conto della sua originaria struttura esterna.
L’edificio era di due piani e camera sotterranea. (non visitabile).
Tornando sulla Via Latina indietro verso l’uscita troviamo una vasta area con i resti di muri laterizi che fanno pensare ad una costruzione adibita all’accoglienza dei viaggiatori con adiacente una zona termale .
Sepolcro dei Valeri
Questa zona è adiacente al Sepolcro dei Valeri, nome datogli in quanto nei pressi fu trovata una lapide con il nome di questa famiglia. L’edificio di due piani con camera sotterranea fu ricostruito sulle rovine esistenti, all’epoca della scoperta da parte di Fortunati per proteggere la camera ipogea riccamente decorata.
Due scale simmetriche conducono alla sala sotterranea che conserva ancora parte del pavimento in marmo e la soglia di ingresso.
Di fronte al sepolcro vero e proprio esiste un altro ambiente che in origine conteneva altri sarcofagi una volta che il sepolcro principale aveva esaurito la capienza dei posti.
Entrando nella camera sepolcrale possiamo ammirare una volta a botte decorata con 35 medaglioni di stucco con motivi vari al suo interno: figure femminili, animali marini, figure dionisiache, il tutto perfettamente conservato.
Le pareti del sepolcro come anche i pavimenti erano in origine decorate con marmi che purtroppo sono stati trafugati nei secoli per riutilizzarli in altre costruzioni.
Il Sepolcro dei Valeri risale al 160-170 d.C. dato il rinvenimento su alcuni laterizi dei bolli con i consoli dell’epoca.
Con questa tomba la visita al Parco Archeologico della Via Latina svolge al termine
Lello
Per approfondire:
http://www.parcoarcheologicoappiaantica.it/luoghi/tombe-della-via-latina
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Per le visite guidate, possibili solo in alcuni determinati giorni del mese, consiglio di consultare il sito dei beni culturali, in quanto è necessaria la prenotazione rivolgendosi al telefono: 06 399 67 700